giovedì, agosto 02, 2007

A night with Incognito

Live @ Grugliasco...

Il mio incontro con gli Incognito avviene circa 12 anni fa per mano del mio amico fraterno. Una sera a casa sua mi fece ascoltare un CD, «Vieni, ti faccio sentire una cosa che ti piacerà di sicuro...» Non fa a tempo a finire la frase che parte il giro di basso di Still a friend of mine. Pum. Amore a primo ascolto. Io, bassista, ho trovato finalmente la mia strada, una nuova ragione musicale. Dopo il periodo pop elettronico e quello rock ecco il periodo (ancora in corso) acid-soul-jazz-funk-fusion. Da allora non ho mai smesso di nutrirmi del sound degli Incognito e di altri gruppi che ne hanno seguito le orme. Ma l'acid jazz degli Incognito ha radici lontane. Era il 1981 quando Jean Paul "Bluey" Maunick, leader della band e autore praticamente di tutte le canzoni, dà il via ad un progetto ed uno stile musicale nuovo. Nasce il primo prodotto dal titolo che è un'eloquente dichiarazione di intenti:
"Jazz Funk". Infatti è esattamente ciò che viene suonato nel disco. E Ancora oggi mi suona "moderno" all'ascolto nonostante i 26 anni di età. La Chitarra funky di Bluey, linee di basso potenti ma al tempo stesso eleganti, fiati e tastiere, sprazzi di percussioni latin, assoli magistrali tutti amalgamati in una corale jam session, con uno sguardo al passato ed uno al futuro.
Ed è con Summer's ended, la traccia 2 del CD appena menzionato, che si è aperto il concerto di ieri sera al Gru Village. E via via si sono succeduti tutti i brani più belli alternando anche qualche suite strumentale in cui venivano splendidamente esaltate le notevoli doti artistiche dei singoli strumentisti. Impossibile stilare una scaletta ideale data la vastità di brani belli che il gruppo ha collezionato nella lunghissima carriera. Nulla da eccepire comunque sulla scelta dei pezzi. Ovviamente non potevano mancare la già citata Still a friend of mine (in cui Bluey si è divertito a giocare vocalmente con il numeroso pubblico accorso nell'ahimè piccolo spazio riservato nell'area esterna de Le Gru), Colibrì, Deep waters, Always there e la cover Don't you worry 'bout a thing dell'immenso Steve Wonder. Se proprio devo fare il critico posso dire che dall'album Beneath the surface si poteva estrarre qualche altra chicca al posto di Labour of love. Ma è solo il mio modestissimo parere...Per il resto due ore di musica coinvolgente, con arrangiamenti ineccepibili ricchi di fiati, percussioni e un groove irresistibile. La gente fatica a stare seduta. Tico, Fulvia ed io abbiamo avuto di che godere e il disagio di un concerto visto in piedi è stato ampiamente ripagato dallo spettacolo musicale. Unica nota stonata infatti è stata la location, troppo piccola per ospitare una band di tale rilievo. Una leggerezza dell'organizzazione? ... Mah, chissà.